Nomotetico e Idiografico
Distinzione introdotta da W.Windelband per caratterizzare il metodo delle scienze della natura che seguono le leggi generali, rispetto al metodo delle scienze dello spirito che colgono eventi nella loro specificità e singolarità.
In campo psicologico, conformemente a questa distinzione, si parla di approccio nomotetico o di approccio idiografico a seconda che la descrizione del comportamento, della personalità o della patologia avvenga in base a parametri generali e leggi psicologiche riconosciute come generalmente valide (nomotetico), o segua il caso particolare cercando di coglierne la struttura a partire dal suo mondo (idiografico).
Secondo l'approccio nomotetico, prendendo in considerazione vari casi di un campione, si cerca di coglierne gli elementi di comunanza per dedurre quelle regole generali che possano spiegarne le costanti di ripetitività e riproducibilità, condizioni tipiche della validità del metodo sperimentale (fonte). In Psicologia, seguendo il metotodo nomotetico, si è soliti descivere una serie di fenomeni psicologici e comportamentali classificandoli come disturbi della personalitá o disturbi mentali. Come stati psichici non normali: disturbo borderline, disturbo narcisistico, anoressia nervosa.
I principali strumenti "nomotetici" adottati in Italia sono il DSM-V (American Psychiatric Association, 2015) e l'ICF (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2001).
Una critica all'utilitá dell'approccio nomotetico alla terapia, è la credenza che dar un nome ad uno stato psichico non possa risolvere veramente un problema, anche se aiuta. Un paziente può apprendere che la sua tristezza è chiamata "depressione" e che è considerata un disturbo mentale, una malattia. Dare un nome al problema può perciò portare sollievo. Il paziente capisce cosí che la sua depressione è una malattia, non una colpa. Questo sollievo può migliorare temporaneamente la disposizione del paziente, ma è improbabile che possa curare i fattori sociali, situazionali o interni che originariamente hanno portato alla depressione. Il problema è stato nominato e il cliente potrebbe sentire che essere consapevoli del problema risolverà tutto, ma in realtà il problema rimane irrisolto.
La psicologia comprensiva (J.Jaspers, 1959) ha introdotto l'approccio idiografico come metodo di lettura "alternativo" dei fenomeni psichici differente dal metodo nomotetico, consolidato nella ricerca medica e talvolta anche filosofica (I.Kant). Quest'ultimo ha difatti come suo oggetto solo i fatti che si presentano alla coscienza dall'esterno, cioè come fenomeni singolarmente dati. Per la psicologia comprensiva la comprensione si accosta al soggetto non per tradurlo in uno schema anticipato, ma per cogliere le strutture di significato che emergono dal suo versante, e non dal versante di chi osserva.
Anche A.Adler, contemporaneo di Freud e fondatore della Psicologia Individuale, espresse la convinzione che i processi psicologici e le loro manifestazioni si potessero comprendere soltanto dal contesto individuale e che ogni intuizione psicologica inizia con l'individuo. L'individuo è la miglior spiegazione di sè stesso.
Alla distinzione fra nomotetico e idiografico si rifanno i problemi connessi alla comprensione che è sempre idiografica, rispetto alla spiegazione che è sempre nomotetica (U.Galimberti, Dizionario di Psicologia, UTET, 1994)
- Lo studio del comportamento segue il metodo nomotetico in quanto viene stabilita una normalità ed un discostamento misurabile che definisce ciò che dalla norma si distingue, e di quanto (calmo-agitato, grida-sussurro).
- Lo studio del sentimento segue il metodo idiografico poiché si ricerca qualcosa di unico, che si rifà a stati soggettivi che non possono essere misurati.
La psicologia comprensiva ha emancipato la psicologia dalle scienze della natura, sostituendo allo strumento di lettura che è la legge universale quell'altro strumento, piú propriamente psicologico, che è il significato espresso dal singolo caso.
Per approfondire: K. Jaspers, Psicopatologia Generale, 1959
Francesco Santini, Psicologo.
