Il comportamento e le strategie nell'Oppositività

06/12/2023

Le strategie nel disturbo oppositivo provocatorio sono particolari comportamenti che i bambini con questo disturbo utilizzano per ottenere ciò che vogliono o per evitare ciò che non vogliono. Questi comportamenti possono essere diretti o indiretti, verbali o fisici, e possono essere rivolti a genitori, insegnanti, compagni di classe o altri adulti.

Questi comportamenti possono essere difficili da gestire per i genitori, gli insegnanti e gli altri adulti che interagiscono con i bambini con questo disturbo. È importante ricordare che questi bambini non sono cattivi o dispettosi. I loro comportamenti sono spesso un modo per esprimere emozioni difficili come rabbia, frustrazione o tristezza.

Il Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP), nel DSM-V, rientra nei disturbi esternalizzanti, ossia caratterizzati da un pattern di comportamenti rivolti verso l'esterno di tipo aggressivo, dirompente o ostile. Le condotte sono sfidanti, prevaricanti e arroganti. È scarso il rimorso per quanto provocato ed accaduto, anzi l'attribuzione di responsabilità è all'esterno.

Chi soffre di DOP è disregolato emotivamente, ovverosia gli è carente la capacità di regolare le proprie emozioni (rabbia, paura, stupore, noia, felicità, disprezzo, tristezza, disgusto) di modularle e manifestarle. Il comportamento è disregolato come conseguenza di emozioni dis-regolate. Ciò è caratteristica propria del disturbo ed è la causa del comportamento di questi bambini.

L'esempio più semplice è la rabbia. Tutti noi dobbiamo regolarla, quasi quotidianamente, se non tutti i giorni, quando abbiamo a che fare con piccole frustrazioni. Se proviamo rabbia, la moduliamo e, talvolta ma non sempre, la manifestiamo. Nei bambini DOP vi è una disregolazione sia sul piano emotivo che sul piano comportamentale. Non in grado di regolare le emozioni, chi soffre di disturbo oppositivo provocatorio, manifesterà la rabbia così come viene, pericò sarà aggressivo.

L'umore è molto irritabile e questi bambini si alzano talvolta già male. Questo malessere, sfortunatamente, aumenta la possibilità che si maifestino sempre più comportamenti aggressivi, come un litigio, che generano a loro volta un umore sempre più irritabile. Questa è "la catena" del DOP. In questa catena è intrappolata anche la famiglia, che si sente sotto scacco.

Questi bambini, se potessero farebbero sicuramente qualcosa di diverso piuttosto che esternalizzare la propria rabbia e la propria ostilità. Questa è la piú importante leva motivazionale al cambiamento: questi bambini vorrebbero fare qualcosa di diverso, ma il disturbo glielo impedisce. Soffrono molto della propria condizione, perché si rendono conto di avere un comportamento differente dalle altre persone o fratelli, anche se lo negano.

L'adulto si sente imprigionato in una situazione irrisolvibile soprattutto quando ci sono altri fratelli o sorelle e delle regole da far rispettare. Non è certo giusto se le regole non sono uguali per tutti. Allora quali sono i comportamenti da adottare caso di disturbo oppositivo provocatorio?

La prima cosa da fare è non mettersi in sfida. Non stare al gioco. Aumentiamo solo la scarsa autostima di questi bambini. Se vengono sgridati si dicono: "Ecco come merito di essere trattato. Ecco l'unica maniera per rivolgersi a me". Bisogna sempre ricordare che questi bambini si rendono conto di essere in difficoltà, ma il disturbo è più forte (fonte). Evitiamo di farli sentire peggio.

La seconda cosa, e la piú faticosa, che un adulto possa fare è regolare sè stesso. La rabbia smuove rabbia poiché le emozioni sono contagiose (D.Goleman, 1995). L'adulto non deve reagire subito ma prendersi del tempo per regolare le proprie emozioni, come la frustrazione. Se si reagisce con l'emozione della rabbia, si persegue il circolo vizioso, poiché il bambino si arrabierà ancor di piú.. Dove si va cosí?

Ovviamente si deve agire in situazioni di allarme (il bambino prende un estintore), ma solo per tamponare la situazione. Non bisogna lasciarlo stare, ma intervenire e recuperare subito la propria calma.

La terza cosa da fare è identificarsi non nella vittima ma nell'aggressore. Identificarsi nella vittima significa sentire le conseguenze della negatività. Una volta messi in sicurezza gli altri bambini e l'ambiente, bisogna far si che questi "bambini cattivi" ci ascoltino. Ciò è difficile fin tanto che il bambino è arrabbiato e frustrato. Allora piuttosto che sottolineare la gravità del fatto, bisogna focalizzarsi sulle sue emozioni, perciò anche sul deficit del suo disturbo. "Vedo che sei molto arrabbiato, so cosa hai provato e capisco se ti stai sentendo in questo modo. Anche io ho provato rabbia nella vita". Nominare l'emozione, dargli un senso e far capire al bambino che capiamo quello che gli sta succedendo è molto validante e aumenta la sua autostima: si sente capito.

Focalizzarsi quindi sull'emozione, non sul comportamento, non sottolineare la gravità di quanto è stato fatto. Il senso di colpa può causare solo nuova rabbia.

Non alzare la voce, non dare punizioni, non ribadire il proprio ruolo di adulto. Molto piú semplice (apparentemente) calmarsi noi per primi e parlare col bambino.

Infine, premiateli per i progressi che stanno facendo nella lotta contro il proprio disturbo.