La Terapia Cognitivo-Comportamentale

11/15/2022

Forma di psicoterapia nata concentrandosi sulle distorsioni del pensiero rispetto a ciò che la maggior parte degli individui considererebbe un modo realistico di pensare ed interpretare la realtà, per poi svilupparisi facendo appello alla emotività. Infine, partendo dall'accettazione della visione della realtà del paziente, rivalutarla congiuntamente, mettendosi perciò al suo pari.

A.T.Beck, che della terapia cognitivista è il primo rappresentante, considera ad esempio la depressione come una distorsione di quella che egli chiama la "triade cognitiva negativa" che consiste in:

1) aspettative negative nei confronti dell'ambiente,

2) un'opinione negativa di sè,

3) aspettative negative per il futuro.

Scrive Beck: "le esperienze di vita del paziente attivano degli schemi cognitivi che vertono sul tema della perdita. I vari fenomeni emotivi, motivazionali, comportamentali e vegetativi della depressione derivano da queste valutazioni negative di sè” (U.Galimberti, Dizionario di Psicologia, UTET, 1994).

Per Aaron T. Beck (1978), chi soffre di depressione è quindi caratterizzato dalla seguente triade cognitiva negativa:

- Sotto il profilo del valore personale: "sono un perdente"; "sono un fallito"; e dell'amabilità "nessuno mi ama"; "non sono degno di amore";
- La visione del mondo: "il mondo è un luogo cattivo e infelice", "gli altri approfittano di me", "la vita è ingiusta nei miei riguardi";

- E circa il futuro: "non cambierà mai nulla"; "sarò sempre un fallito" (fonte); (leggi qui per approfondire).

L'obiettivo della terapia cognitivo-comportamentale di Beck è di favorire un tipo di pensiero più realistico, aiutando il paziente a modificare la relazione fra le situazioni negative e le abituali reazioni che la persona ha in certe circostanze, mediante l'apprendimento di nuove modalità cognitive.

Aiuta inoltre ad individuare i pensieri negativi ricorrenti, schemi fissi di ragionamento e di interpretazione della realtà, che sono concomitanti alle emozioni negative che si possono considerare sintomo e causa del malessere. Una volta individuati tali pensieri, la terapia li corregge e li integra ad altri pensieri più oggettivi, o comunque più funzionali al benessere della persona (U.Galimberti, 1994).

Si potrebbe quindi dire che il disagio e la sofferenza, nel pensiero cognitivo-comportamentale sono valutati come conseguenza di errori di valutazione della realtà. Ma questa concezione ha subito un'evoluzione. 

Adottando la premessa che vi è anche una difficoltà nel paziente a convivere con la propria emozionalità, molti terapeuti cognitivo-comportamentali, piuttosto che cambiare il pensiero per cambiare l'emozioni, insegnano a gestire le emozioni, spesso accettandole. Il termine "accettazione" é quindi entrato recentemente nel vocabolario cognitivo-comportamentale.

Il cuore è mente, la mente è il cuore. Molti schemi mentali non possono essere modificati "a piacimento", ma vanno a volte piú accettati che gestiti.

Nell'impostazione più standard di Beck, la leva per promuovere il cambiamento è un forte appello alle facoltà critiche e razionali del paziente: che prove ci sono per stabilire che avrai un attacco di panico? Nella teoria razionale-emotiva di A.Ellis si riflette anche sul cosiddetto significato del temere il panico o l'infarto in un modo piú "analogico" per cui questi timori hanno anche un significato emozionale: temo di essere vulnerabile, temo di essere una persona fragile e debole, di non avere amici che mi soccorrano.

Si è sempre più assistito a contaminazioni delle correnti costruttiviste nella terapia cognitivo comportamentale, fra i cui autori piú famosi si ricordano G.Kelly, V.Guidano, G.Liotti. Questi hanno sottolineato che le cognizioni hanno anche un valore di definizione di sè emotivo. Costoro hanno infatti avuto una iniziale formazione psicodinamica e poi, non essendo del tutto convinti, sono passati al cognitivismo. È nato il costruttivismo.

Nel disputing di Ellis per esempio, il terapeuta vuole portare il paziente ad adottare un nuovo punto di vista, adottando però anche ciò che la persona mantiene nella visione della sua realtà, per esempio che è vulnerabile, cercando di capire sempre meglio come il paziente si definisce.

La relazione fra terapeuta e paziente è paritaria: cerchiamo insieme di valutare e rivalutare questi pensieri. La posizione del terapeuta è accogliente ma non necessariamente coinvolgente. Si utilizzano esercizi a casa (fonte).

Sono stati sviluppati singoli protocolli fra cui si ricodano:

- G.Fairburn per la bulimina;
-
P.M.Salkovskis per il disturbo ossessivo;
-
D.M.Clark per i disturbi d'ansia;
- A.T.Beck per la depressione.

Per concludere si sottolinea una sempre maggior evoluzione della terapia cognitivo-comportamentale verso una iniziale accettazione dello stato emotivo del paziente, piuttosto che sulla modifica dei suoi pensieri erronei. L'atteggiamento attivo nel terapeuta significa fare molte domande, non dare molte spiegazioni. Dev'essere il paziente il primo a mettere in discussione i propri pensieri. Occorre incoraggiarlo a chiedersi: "Ma perché mi dovrebbe accadere questo?" (la mentalizzazione di P.Fonagy)

Educare il paziente a contrastare da sè le proprie convinzioni distorte con giudizi più appropriati.

Lo scopo della terapia si basa sulla risoluzione dei sintomi come i sintomi depressivi, gli attacchi di panico e della eventuale concomitante agorafobia, la riduzione o eliminazione dei rituali compulsivi o delle malsane abitudini alimentari, la promozione delle relazioni con gli altri, la diminuzione dell'isolamento sociale, e cosi via.